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Le cose abbandonate - ex ospedali, manicomi, intere città - non costituiscono solo relitti di cose che furono, e nemmeno meritano la brutta fama del degrado. Specchiano la linea sottile fra un passato di memoria, un presente di rovina e un futuro di decadenza e fallimento, ma anche di riscatto e liberazione. I luoghi abbandonati divengono depositari di significati trascendenti la comune cognizione del tempo, che pretende cose e persone sempre ferme a se stesse, immobili e fedeli. L'autore cerca di cogliere i dettagli di un passato che non molla la presa sul presente e continua a raccontarsi fra travi rotte, scale putrescenti e stanzoni di ville inghiottite da incuria e rampicanti. Ma è soltanto un'apparenza; l'abbandono diviene genetica di vita diversa, nuova, e soprattutto esplorazione di ciò che è nascosto a una visione superficiale della realtà.